1749

Vittorio Amedeo Alfieri nasce ad Asti il 16 gennaio, non il 17 come si legge nella Vita, da Antonio Amedeo Alfieri Bianco, conte di Cor­temiglia (1695-1749), e da Monica Marianna Maillard di Tournon (1721-1792), secondo di tre figli. La prima è Giulia (Maria Eleono­ra Giulia Gabriella, 1746-1826), il terzo è Giuseppe Maria (1750-1751).

1755

Vive con dolore la separazione dalla sorella Giulia, condotta nel monastero di Sant’Anastasio ad Asti.

1758

Lo zio paterno Pellegrino Alfieri (1704-1763), governatore di Cu­neo e dal 1762 viceré in Sardegna, si prende cura dei due ragazzi: Vittorio è iscritto alla Reale Accademia di Torino. Anche Giulia è trasferita a Torino, in convento.

1759-1762

Grazie al cugino Benedetto frequenta a Torino il Teatro Carignano. Assiste alle prime opere buffe.

1763-1764

Legge gli autori francesi. Senza pas­sione e con scarsi risultati, studia il cembalo e segue lezioni di scherma. Mostra avversione per il ballo. Oltre alla parte di patri­monio paterno a lui dovuta, riceve l’eredità dello zio Pellegrino, morto in Sardegna. Si manifesta la sua grande passione, l’equita­zione, dalla quale trae vantaggi per la salute e, nel 1764, acquista il primo cavallo.

1765

Durante un breve viaggio in autunno a Genova, accompagnato dal suo curatore, si ferma ad Asti dopo sette anni di lontananza e rivede la madre.

1766

Il 19 maggio, Alfieri lascia l’Accademia, nominato portainsegna nel Reggimento Provinciale di Asti. Ottiene dal re Carlo Emanuele III licenza di viaggiare per un anno, con l’obiettivo di intraprendere la carriera diplomatica. Parte il 4 ottobre. Le tappe del viaggio sono Milano, Parma, Bologna, Firenze (dove soggiorna un mese e prende lezioni di lingua inglese), Lucca, Pisa, Livorno, Siena. In dicembre giungono a Roma, per trasferirsi a Napoli.

1767

A Napoli è presentato al re Ferdinando IV di Borbone, allora sedi­cenneTorna a Roma, dove si presenta al papa Clemente XIII, Carlo Rezzonico. Ottiene il permesso di poter viaggiare per un secondo anno. A maggio si reca a Venezia. A metà giugno, ne ri­parte diretto in Francia, facendo tappa a Padova, Genova, Marsi­glia. Ai primi di agosto, riparte per Pa­rigi

1768

L’1 gennaio è presentato, a Versailles, a Luigi XV. A metà gennaio, parte per Londra. Ai primi di giugno, si reca in Olanda e a L’Aia vive la prima travolgente passione d’amore per Christi­na Emerentia Leiwe van Aduard, sposa del barone Jan Willem van Imhof. Stringe amicizia con il diplomatico portoghese José Vasques d’Acunha, che lo avvia alla lettura di Machiavelli. Alla for­zata separazione dalla donna amata, tenta un maldestro suicidio. Lascia l’Olanda e, a Ginevra, durante il ritorno, acquista «un pieno baule di libri», fra i quali opere di Rousseau, Montesquieu, Helvétius. Il 15 ottobre, giunge a Cumiana, nella vil­la della sorella Giulia. A novembre, torna con lei a Torino.

1769

Si dedica in particolare alla lettura di Voltaire ed Helvétius. Si ap­passiona alle Vite di Plutarco in traduzione francese. Il 22 maggio, accompagnato da Elia, parte per Vienna. Durante il viag­gio, legge gli Essais di Montaigne. A Vienna evita l’incontro con Meta­stasio. Ai primi di settembre, prosegue per Praga, Dresda e Berlino. Incontra Fede­rico II. A metà novembre, si reca ad Amburgo e, dopo tre giorni di sosta, riparte per la Dani­marca. A dicembre, giunge a Copenaghen.

1770

A maggio riparte per la Russia e giunge a Pietroburgo. A giugno riparte per la Germania. Da metà agosto a fine settembre si ferma in Belgio, a Spa, per tornare poi in Olanda, a L’Aja. A fine novembre riparte per l’Inghilterra e a dicembre è a Londra.

1771

È l’anno della passione per Penelope Pitt. Scoperta la relazione, il marito tradito, Lord Ligonier, lo sfida a duello il 7 maggio. A causa dello scandalo sulle gazzette londinesi per il successivo processo, il divorzio del marito e la notizia del doppio tradimento di Penelope con un pa­lafreniere, a fine giugno Alfieri lascia l’Inghilterra e decide di rimet­tersi in viaggio. Torna in Olanda, dove si trattiene alcune settimane a L’Aia e rivede l’amico D’Acunha. Raggiunge Parigi, dove evita di incontrare Rousseau, e, a metà agosto, riparte per la Spagna. Giun­ge a Barcellona e, a novembre, a Madrid. A dicembre, riparte per Lisbona, dove giunge alla vigilia di Natale.

1772

Si trattiene a Lisbona per cinque settimane. Vi conosce l’abate Tommaso Valperga di Caluso (1737-1815), che sarà suo grande amico, fratello del ministro in Portogallo, il conte Carlo France­sco Valperga di Masino. Ai primi di febbraio, si reca a Siviglia, poi a Cadice. Passando da Cordova, Valenza, Barcellona, Montpellier, e, per via di mare, da Antibes e Genova, rientra in Italia. Fa sosta ad Asti. Dal 5 maggio è a Torino. Respinge in modo definitivo l’in­vito del cognato a seguire la carriera diplomatica.

1773

Affitta un appartamento nella piazza «bellissima di San Carlo». Con i ritrovati compagni d’Accademia, costituisce una società let­teraria, denominata dei Sansguignons (letteralmente, i “Senza-iella”). Compone l’Esquisse du Juge­ment Universel, Inizia la relazione con Gabriella Falletti di Villafalletto

1774

Fra il dicembre del ’73 e il gennaio del ’74 è colpito da una grave malattia dello stomaco: guarito, si dimette dall’esercito. Anche Gabriella Falletti si ammala; nelle lunghe ore al suo capezzale, inizia a scrivere la prima tragedia, Antonio e Cleopatra. Tenta di liberarsi dal giogo di quella rela­zione e intraprende un viaggio in Italia, ma, dopo diciotto giorni, rientra a Torino. A novembre, inizia un diario in francese, il Gior­nale, ripreso in italiano nel 1777, ma abbandonato a giugno dello stesso anno.

1775

A gennaio, rompe la relazione con la Falletti. Porta a termine la Cleopatra. Fra marzo e maggio, scrive idea e stesura in francese delle tragedie Filippo e Polinice. L’11 giugno (non il 16 e il 17, come indica la Vita), al teatro Carignano di Torino è rappre­sentata la Cleopatra, alla quale fa seguire una farsetta in un atto, I Poeti. In agosto si reca a Cesana Torinese (Cézanne), dove si trattie­ne due mesi. Riscrive in prosa italiana le stesure di Filippo e Polinice. Riduce in forma dialogata la Tebaide di Stazio tradotta dal Bentivoglio, e le Poesie di Ossian tradotte dal Cesarotti. Legge la Merope di Maffei. Inter­rompe la lettura di Shakespeare in traduzione in francese.

1776

In aprile, parte per la Toscana. Grazie al Padre Paolo Maria Pa­ciaudi, incontra numerosi letterati a Parma e Bologna. Si ferma a lungo a Pisa e frequenta celebri professori dell’università pisana. Legge le Odi di Orazio e ne traduce l’Ars poetica; legge le tragedie di Seneca. In giugno si sta¬bilisce a Firenze. Si dedica ancora a Filippo e a Polinice, ma lavora in contemporanea anche ad Antigone, Agamennone, Oreste, Don Garzia. In ottobre, torna a Torino.

1777

Porta a termine la traduzione di Sallustio. In aprile, verseggia An­tigone e ne dà lettura presso la “società” letteraria Sampaolina. A maggio, torna in Toscana. Compone l’idea della Virginia. A Siena nasce l’amicizia con Francesco Gori Gandellini, commerciante di stoffe e cultore d’ar­te. Per suo influsso, in giugno scrive l’idea della Congiura de’ Pazzi. Nel frattempo, com­pone le stesure di Agamennone e Oreste; il Della Tirannide; ripren­de la Virginia; legge Giovenale. Vive una breve relazione, proba­bilmente con Caterina Gori, moglie di Francesco Zondadari, indicata in una lettera con il nome di Nina. In ottobre, a Firenze, inizia la relazione con Luisa Stolberg, sposata dal 1772 con Charles Edward Stuart conte d’Albany, di oltre 30 anni più anziano di lei, pretendente al trono d’Inghilterra.

1778

È l’anno della svolta: Alfieri decide di lasciare il Piemonte, per ave­re libertà di movimento e di stampa. Per “disvassallarsi”, fa dona­zione di tutti i suoi beni alla sorella Giulia, riservandosi una pen­sione annua, più il versamento di un capitale. Lavora ad Agamennone, Oreste, Maria Stuarda, al poemetto Etruria vendicata e al trattato Del Principe e delle Lettere.

1779-1780

Si dedica ad Ottavia, Timoleone, Rosmunda, Maria Stuarda, Con¬giura de’ Pazzi, Don Garzia, Etruria vendicata e scrive rime. Grazie al Caluso, giunto a Firenze a metà anno, riscopre la poesia di Virgilio. Lavora inoltre al Timoleone e riprende Filippo. Il 10 dicembre, la Stolberg abbandona il marito. A fine dicembre, la contessa si trasferisce a Roma, nel convento delle Orsoline in via Vittoria, sotto la tutela del cardinale Henry Benedict Stuart, duca di York (1725-1807), fratello del marito. Alfieri registra nelle rime il dolore per la separazione.

1781

In febbraio, anche il poeta si trasferisce a Roma, poi a Napoli. Lavora ad Ottavia e a Polinice. Grazie al cognato, la Stolberg si stabilisce in un fastoso appartamento nel palazzo della Cancelleria. Fra i suoi domestici, c’è Elia. Chiede segretamente al governo di Luigi XVI di potersi trasferire a Parigi, ma la richiesta è respinta. Il 12 maggio, Alfieri ottiene il permesso di soggiornare a Roma. Il 6 luglio, la Stolberg si trasferisce a Frasca¬ti, nella villa del cardinale Conti, dove Alfieri la raggiunge. Dal 2 ottobre, egli affitta il palazzetto Strozzi, ammobiliato e fornito di scuderia e parco, presso le Terme di Diocleziano. Assume come segretario Giovanni Viviani. Lavora a Timoleone, Polinice, Antigone, Virginia, Agamennone, Oreste, Congiura de’ Pazzi, Filippo; al III canto dell’Etruria vendicata; alle prime quattro odi dell’America libera.

1782

Verseggia per la seconda volta Don Garzia, Maria Stuarda, Rosmunda, Ottavia, Timoleone. Compone Merope e Saul, la quattordicesima tragedia, e, nelle sue intenzioni, l’ultima. Legge con successo le sue tragedie a nobili e letterati. È accolto nell’Accademia romana dei Quirini. Il 20 novembre, recita la parte di Creonte nella sua Antigone, messa in scena da nobili romani, nel teatro privato del palazzo dell’ambasciatore di Spagna a Roma, duca Paolo Girolamo Grimaldi. Scrive l’idea del Caino (che sarà poi l’Abele), ideando un nuovo genere teatrale, quello della tramelogedia, componimento misto di tragedia e di musica.

1783

Decide di dare alle stampe le proprie tragedie e le affida, a Sie­na, ai tipografi Giuseppe e Giovanni Pazzini Carli, figli del libraio Vincenzo. Il primo volume viene accolto con critiche per la durezza dello stile. Ne fa omaggio agli amici romani e al papa Pio VI, al quale chiede di potergli dedicare il Saul, senza ottenerne il consenso. Legge quest’ultima tragedia in Arcadia il 3 aprile e viene acclamato ar­cade. A causa della relazione con la Stol­berg, ormai di pubblico dominio, a maggio deve lasciare Roma. Dopo la pace di Parigi fra americani e inglesi, scrive la quinta ode dell’America libera. Visita le tombe di Dante a Ravenna, di Petrarca ad Arquà, di Ariosto a Ferrara. Torna in Piemonte, dove rivede il Caluso e la sorella Giulia. In settembre i Pazzini terminano la stampa del secondo e del terzo volume, diffuso solo dal gennaio 1785. Ri­ceve la Lettera al sig. conte V. Alfieri sulle quattro sue prime trage­die di Ranieri de’ Calsabigi. Compone la Risposta. In ottobre, parte per l’Inghilterra. Durante il viaggio visita Valchiu­sa; fa sosta un mese a Parigi, dove incontra Goldoni. A dicembre, giunge in Inghilterra.

1784

Acquistati 14 cavalli, il 5 aprile riparte da Londra e, compiuto tut­to il percorso con quella impegnativa «carovana», a fine maggio rientra in Italia. Si trattiene a Torino, dove assiste a una recita della sua Virginia. Ad Asti rivede dopo anni, per l’ultima volta, la madre. In giugno e luglio è a Siena, dove prosegue nella composi­zione dell’Etruria vendicata. La Stolberg ottiene dal marito la separazione legale, in cambio della rinuncia del sussidio versatole e di altri benefici. In maggio, attraverso la Svizzera, la contessa si trasferisce a Colmar, in Alsazia, accompagnata da Elia. Alfieri la raggiunge a metà agosto. Si stabi¬liscono nel castello di Martinsbourg, di proprietà della baronessa Caterina di Maltzan, nel villaggio di Wettolsheim, presso Colmar. Scrive le idee di Agide, Sofonisba, Mirra. Il momento felice, tuttavia, è di breve durata, per la notizia dolorosa della morte dell’amico Francesco Gori, nella notte tra il 2 e il 3 settembre. In novembre, Alfieri fa ritorno a Siena, poi a Pisa.

1785

Alfieri avvia rapporti epistolari con Ippolito Pindemonte. Licenzia Elia. In marzo, scrive il Panegirico di Plinio a Trajano e rivede la traduzione di Sallustio. Compone il primo libro e l’inizio del secondo del trattato Del Principe e delle Lettere e il Pare­re sull’arte comica in Italia. Riceve la Lettera del Cesarotti su Otta­via, Timoleone, Merope. Fa ricopiare dal nuovo segretario, il tosca­no Gaetano Polidori, le tragedie stampate a Siena, ricorrette. Il 16 settembre, raggiunge a Martinsbourg la Stolberg. In novembre, la contessa si trasferisce a Parigi per questioni relative ai beni france­si del marito, mentre  Alfieri si trattiene a Mar­tinsbourg, dove termina la stesura dell’Agide e scrive quelle di Sofo­nisba e Mirra.

1786

Termina il secondo libro e scrive il terzo del trattato Del Principe e delle Lettere; scrive il dialogo La virtù sconosciuta, in memoria dell’amico Francesco Gori, e compone la tramelogedia Abele. Termina l’Etruria vendicata; verseggia Agide, Sofonisba, Mirra e scrive idea e stesura di Bruto Primo e Bruto Secondo. Ad aprile, l’eccesso di lavoro gli causa un forte at­tacco di podagra. A settembre, scrive la prima delle Satire. Rivede e corregge altri scritti non pubblicati, come il Panegirico. Il 2 set­tembre torna la Stolberg. Ripartono insieme, a dicembre, per tra­ sferirsi a Parigi, in case separate: lui, in Rue de Surenne, Fauburg Saint-Honoré, n. 11; lei, in Rue de Bourgogne, Fauburg Saint-Germain.

1787

Verseggia il Bruto Primo; brucia la versificazione della Sofonisba. Si dedica alla stampa, a partire da quella del Panegirico, presso F.D. Pierres. In maggio, dà avvio, presso i torchi dei celebri editori parigini Didot, all’impresa della stampa di tutte le tragedie, edite e inedite, esclusa la Cleopatra. Nel corso di tre anni (1787-1789), escono cinque volumi, con una tiratura di circa 700 copie a volume, contenenti 19 tragedie. A giugno, la coppia fa ritorno a Martinsbourg, dove, in luglio, li raggiunge l’amico Caluso, che si trattiene con loro fino a ottobre. Le condizioni di salute di Alfieri sono pessime. In ottobre, visita la tipografia del Beaumarchais a Kehl: qui, fra il 1787 e il ’90, darà alle stampe L’America libera, La virtù sconosciuta, l’Etruria vendicata, le Rime, Del Principe e delle Lettere, Della Tirannide. Fra novembre e dicembre, verseggia il Bruto Secondo. Fa ritorno a Parigi.

1788

Segue le varie fasi della stampa. Nel corso dell’anno, recupera i libri lasciati a Roma nel 1783, in Palazzo Strozzi. Il 30 gennaio, muore a Roma Charles Edward Stuart. Il salotto parigino della Stolberg è frequentato da esponenti dell’aristocrazia, della politica e della cultura. A Genova viene pubblicata una parodia dello stile tragico alfieriano, intitolata Socrate di Vittorio Alfieri da Asti, tragedie una, con falsa nota tipografica (Londra, per G. Hawkins), anonima, ma dovuta a Gaspare Mollo, improvvisatore napoletano, Giorgio Viani e Gaspare Sauli. In ottobre, scrive il Parere sulle sue tragedie.

1789

Il 14 marzo, indirizza a Luigi XVI una lettera, mai spedita, in cui lo invita a cedere spontaneamente alle richieste popolari. Il 23 marzo, compone la favoletta Le mosche e l’api. Il 12 aprile, rivolge un capitolo in terzine all’amico André Chénier e, in maggio, rivede per la pubblicazione i due trattati e il Parere sulle tragedie. Assiste per due volte alle sedute dell’Assemblea Nazionale e, il 15 luglio, visita la Bastiglia distrutta. Nonostante qualche riserva, esalta l’atto rivoluzionario nell’ode Parigi sbastigliato. Il segretario Gaetano Polidori si licenzia, trasferendosi a Londra, dove stamperà, fra altri scritti, anche le proprie memorie di segretario del poeta. Verrà sostituito, negli ultimi anni fiorentini, da Francesco Tassi (1779-1857), dal 1819 accademico della Crusca. In ottobre, ristampa presso Didot il Panegirico, facendolo seguire da Parigi sbastigliato e dalla favoletta Le mosche e l’api. Termina la stampa delle Rime; del trattato Del Principe e delle Lettere; di gran parte del trattatto Della Tirannide e delle Tragedie, sempre per i tipi Didot.

1790

Tra gennaio e aprile, traduce la Windsor Forest e l’Essay on criticism di Alexander Pope – non An Essay on Man, come indica la Vita –per migliorare la conoscenza dell’inglese. Fra aprile e maggio, scrive la prima stesura della Vita, giungendo fino agli avvenimenti del 1790. Inizia la traduzione in versi dell’Eneide e traduce l’An­dria, l’Eautontimorumeno e l’Eunuco di Terenzio. In ottobre, con la Stolberg visita la Normandia. In novembre e dicembre, verseg­gia l’Abele e scrive le idee di altre due tramelogedie, Conte Ugolino e Scotta, poi abbandonate.

1791

Il 29 aprile, parte per il quarto e ultimo viaggio in Inghilterra, ac­compagnato dalla Stolberg. A Londra la contessa conduce una intensa vita mondana. Alfieri frequenta con assiduità il teatro e rivede il Polidori. Il 20 luglio, la coppia lascia Londra per un giro turistico, che la Stolberg registra in un diario in francese. A fine agosto, al porto di Dover, all’atto dell’imbarco per Calais, avviene l’incontro inaspettato fra Alfieri e Penelope Pitt, a vent’anni dalla loro separazione. Nel viaggio di ritorno, prima di rientrare in ottobre a Parigi, Alfieri e la Stolberg fanno tappa in Olanda e in Belgio, presso le sorelle e la madre della contessa.

1792

A Parigi, la coppia affitta un appartamento all’Hôtel Théllusson, all’angolo fra Rue de Provence e Rue d’Artois, poi Rue Lafitte. Il 23 aprile, la madre di Alfieri muore. Il 10 agosto, cade la monarchia francese e Luigi XVI è arrestato: Alfieri e la Stolberg decidono di abbandonare la Francia. Partono il primo ottobre per l’Italia, attraverso Germania e Austria. Nel frattempo, l’appartamento parigino è sequestrato, con tutti i beni: arredi, manoscritti, cavalli, libri. Vane saranno tutte le richieste per via diplomatica, per riavere quanto sequestrato. Il loro viaggio termina a Firenze, dove giungono il 3 novembre. Alfieri prosegue nella lettura dei classici latini e nelle traduzioni di Terenzio e dell’Eneide. Scrive rime e l’autodifesa di re Luigi XVI per il Misogallo; lavora alle Satire.

1793

Termina la traduzione delle commedie di Terenzio e dell’Eneide; prosegue l’impegno per le Satire. Spesso le sue tragedie vengono rappresentate, in particolare Oreste, Virginia, Agamennone. A marzo, organizza una recita del Saul in casa di amici e interpreta la parte del protagonista, mentre David è impersonato da Giovan­ni Carmignani, suo futuro critico. Il 19 dicembre firma il contratto di locazione di un appartamento della Palazzina (o Pa­lazzetto) dell’amico Francesco Maria Gianfigliazzi, sul Lungarno Corsini, di fronte a ponte Santa Trinita.

1794-1795

Nel corso del 1794, fa pubblicare in vari periodici un Avviso, per disco­noscere qualsiasi opera stampata a suo nome in Francia, dopo la confisca a Parigi delle opere stampate e manoscritte. Dichiara di accettare come proprie solo L’America libera, La virtù sconosciu­ta, il Panegirico di Plinio a Trajano e le Tragedie nell’edizione Di­dot. Rivede la traduzione dell’Eneide. L’amico Mario Bianchi gli spedisce i libri della biblioteca romana, lasciati nel 1784 a Siena, non trasferiti a Parigi, mentre egli riacquista i libri abbandonati, fuggendo. Recita negli spettacoli organiz­zati a casa propria. Saul è il personaggio più amato, interpretato a Pisa, nel teatrino di Casa Roncioni, nel giugno del ’95. Lavora al Misogallo, alle Satire, alle traduzioni, in particolare a quella dell’Eneide, e inizia lo studio del greco, con l’aiuto di traduzioni letterali latine.

1796-1797

Sono anni di studio accanito. Inizia la traduzione dell’Alceste di Euripide, portata a termine nel ’99; del Filottete di Sofocle e dei Persiani di Eschilo, concluse nel 1801. Porta a compimento le diciassette Satire. Luisa Stolberg stringe affettuosa amicizia con il pittore François-Xavier Fabre (1766-1837), stabilitosi a Firenze dal 1793. Alfieri manifesta l’intenzione di lasciare i suoi libri alla città di Asti, in particolare nella lettera del 28 febbraio 1797 al conte astigiano Francesco Morelli e nel sonetto Asti, antiqua Città, che a me già desti (Rime, CCC).

1798

Scrive rime ed epigrammi, ma è assorbito in particolare dallo stu­dio del greco. Compone l’Alceste Seconda e lavora ancora ai Per­siani e al Filottete. Inizia ad approntare la seconda stesura delle parti già scritte della Vita. Grazie a Pierre-Louis Ginguené (1748-1816), letterato, ambasciatore di Francia a Torino, gli vengono restituiti, tramite Caluso, i manoscritti delle tragedie lasciati a Pa­rigi. Li accetta, ma respinge con sdegno la proposta di restituzio­ne di circa 150 suoi libri. Nella Vita, avrà parole dure verso Ginguené, che, in propria difesa, pubblicherà un opuscolo con le lettere intercorse con il Caluso e con lo stesso Alfieri.

1799

I francesi occupano Pistoia il 30 dicembre 1798: Alfieri si sente in pericolo e trascorre l’ultima notte dell’anno a scrivere le sue estre­me volontà. Nomina erede universale la Stolberg. Prosegue nello studio del greco, secondo un rigido orario di lavoro, rispettato fino alla morte. Il 20 gennaio, termina l’ode Teleutodía, con la qua­le intende chiudere la composizione di rime. Il 23 gennaio, incon­tra nella villa di Poggio Imperiale a Firenze il re di Sardegna Carlo Emanuele IV, esule dal Piemonte invaso dai francesi, i quali, il 25 marzo, entrano anche in Firenze. Alfieri rivive in parte il trauma della fuga da Parigi: lascia Firenze poco prima che sia occupata, con la Stolberg e con mobili e libri, e si trasferisce nella villa San­tini a Montughi. I francesi si ritirano da Firenze il 5 luglio, a seguito delle vittorie degli austro russi.

1800-1801

Insieme alla Stolberg, offre 100 zecchini al governo toscano per contribuire alle spese della guerra contro i francesi. Fa ripubbli­care l’Avviso, già diffuso nel 1794, sulla “Gazzetta universale” di Firenze (n. 55, 12 luglio). Nel settembre 1800, scrive le idee di sei commedie: L’Uno, I Pochi, I Troppi, L’Antidoto, La Finestrina, Il Divorzio. Il 15 ottobre, i francesi del generale Dupont occupano nuovamente la Toscana. Nel febbraio del 1801, rifiuta con sdegno la nomina ad accademico per la classe di Belle Lettere propostagli dall’Acca­demia delle Scienze di Torino. Da luglio a ottobre, lavora alla stesura in prosa delle sei commedie; prosegue nello studio del greco e termina la traduzione del Filottete. Frequenta nobili pie­montesi esuli. Le sue condizioni di salute, però, si complicano: in settembre, è colpito da un forte attacco di podagra (termine con il quale si in­dicavano genericamente sindromi acute e dolorose relative alle articolazioni, riconducibili anche alla gotta).

1802

Da luglio a settembre verseggia le sei commedie; termina la tradu­zione delle Rane di Aristofane. Quando, il 29 giugno, un decreto consolare ingiunge ai piemontesi residenti all’estero di rientrare in patria entro il 23 settembre e di giurare fedeltà alla Costituzio­ne francese, Alfieri invia alla sorella certificati medici attestanti la sua impossibilità a viaggiare. Giulia giura in nome del fratello. In settembre è colpito da un altro attacco di gotta e da erisipela. Nello stesso mese, riceve la visita del Caluso.

1803

Progetta di proseguire negli studi fino ai sessant’anni, per dedi­ carsi, da quell’età, alla traduzione del De senectute di Cicerone. Istituisce l’Ordine di Omero: vi si nomina cavaliere e concepisce una collana, rimasta incompiuta, con un cameo centrale raffigurante Omero, recante un proprio distico greco sul retro, e ventitré pietre dure, incise con i nomi di poeti. Si dedica ancora alle commedie. Termina la seconda stesura della Vita già scritta, e vi aggiunge la Continuazione della Quarta Epoca, cioè la narrazione relativa agli anni 1790-1803. In aprile, è colto da un nuovo attacco di podagra: tenta di superarlo riducendo i pasti, senza tuttavia porre limiti al lavoro. Il 3 ottobre, le sue condizioni peggiorano. Gli ultimi giorni, le ultime ore della sua vita sono narrati dall’amico Caluso, nella lettera alla Stolberg, pubblicata al termine della Vita. Muore il mattino dell’8 ottobre 1803.

Vittorio Alfieri fu sepolto nella basilica di Santa Croce a Firenze. Solo nel 1810 Antonio Canova completò il monumento funebre, secondo le richieste di Luisa Stolberg, che sostituì l’epigrafe composta dal poeta nel 1799 con un’iscrizione più breve, nella quale aveva particolare risalto il proprio nome: “Victorio Alferio Astensi / Aloisia e Principibus Stolbergis / Albaniae comitissa / M. P. C. An. MDCCCX”.

Luisa Stolberg morì il 29 gennaio 1824, lasciando erede universale, a sua volta, il pittore Fabre, che tornò a Montpellier, sua città natale, lasciando manoscritti di Alfieri alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, ma portando con sé carte, cimeli e libri della ricostituita biblioteca fiorentina del poeta.