Vittorio Amedeo Alfieri nasce ad Asti il 16 gennaio 1749 (non il 17, come si legge nelle pagine dell’autobiografia, la Vita) da Antonio Amedeo Alfieri Bianco, conte di Cortemilia (1695-1749), e da Monica Maillard di Tournon (1721-1792), di origini savoiarde. Vittorio è il secondo di tre figli, fra Giulia (1746-1826) e Giuseppe Maria (1750-1751), morto a poco più di un anno. La madre aveva già avuto quattro figli da un precedente matrimonio col marchese Alessandro Cacherano Crivelli Scarampi di Villafranca d’Asti e altri ne avrà con Carlo Giacinto Alfieri (1718 circa-1797), cavaliere e, dal 1770, conte di Castagnole e Magliano, sposato in terze nozze nel 1754.

Antonio Amedeo, «purissimo di costumi», «provveduto di beni di fortuna sufficienti al suo grado, e di una giusta moderazione nei desideri», «uomo alla buona e di semplicissime maniere», sposatosi «in età di oltre cinquantacinque anni» (1745) con la «giovanissima» Monica, muore il 5 dicembre 1749 per una polmonite, dovuta forse allo «strapazzo continuo» di andare a piedi ogni giorno a trovare il piccolo Vittorio, affidato alle cure di una balia, «in un borghetto distante circa due miglia da Asti, chiamato Rovigliasco» (Revigliasco).

Nel 1754, in seguito al matrimonio della madre con Carlo Giacinto Alfieri, «cadetto di una casa dello stesso nome […] ma di altro ramo», Vittorio si trasferisce in una nuova dimora – da tempo sostituita da altre costruzioni – nella zona dell’attuale piazza Umberto Cagni, dove trascorre gli anni della prima infanzia.

Ben presto rimane l’unico figlio in casa, poiché nel 1755 la sorella Giulia viene destinata al monastero di Sant’Anastasio, ad Asti: il distacco gli causa un grande dolore, prefigurazione, nelle pagine dell’autobiografia, di quelli che avrebbe provato in età adulta, «nel dividersi da una qualche amata sua donna» o «nel separarsi da un qualche vero amico».

La sua educazione è affidata a don Ivaldi, «un buon prete» che sarà suo maestro per quattro anni; con lui legge Fedro e Cornelio Nepote, ma l’insegnante è «ignorantuccio», come, d’altra parte, sono «ignorantissimi» gli stessi famigliari.

Bambino solitario, «taciturno e placido per lo più, ma alle volte loquacissimo e vivacissimo, e quasi sempre negli estremi contrari, ostinato e restìo contro la forza», Alfieri manifesta una naturale inclinazione alla malinconia, che sarà anche da adulto un tratto peculiare del suo carattere ed è, secondo una lunga tradizione, segno dell’uomo di genio.

Le pagine della Vitarelative all’infanzia sono affollate di personaggi dell’universo familiare. Fra questi, i nobili e austeri nonni materni, in particolare la nonna, Maria Eleonora Saluzzo di Paesana (1698-1769), ritratta con il marito, Vittorio Amedeo Maria Felice Maillard di Tournon (1685-1754), nei due dipinti della pittrice torinese Maria Giovanna Battista Bussana Clementi, detta la Clementina (1690-1761), esposti nella camera natale del Palazzo.